Buon sabato amici lettori!
Oggi vi presento la mia ultima lettura.
Dal Fantasy sono passata al Giallo e oggi vi parlo di un autore italiano che mi ha piacevolmente colpita con il suo ultimo lavoro.
Vi lascio alla mia recensione de L’ODORE SALMASTRO DEI FOSSI
di Diego Collaveri.

Genere: Giallo - Noir
Casa editrice: Frilli Editore
Data di Uscita: 11 Giugno 2015
Prezzo: € 9.90 - Ebook € 4.99

Sinossi: Il commissario di polizia Mario Botteghi si alza dall’asfalto umido della notte, riprendendo lentamente i sensi. Davanti a lui, nel buio del parcheggio dietro la chiesa diroccata nel centro storico di Livorno, c’è la sua pistola ancora fumante. Poco più in là un cadavere.
Qualcuno è riuscito a incastrarlo per bene. L’investigatore privato Cecchi, ex poliziotto e suo partner di un tempo, l’aveva messo in guardia nei confronti di quel maledetto politico corrotto, con cui si era già scontrato, ma non si sarebbe mai aspettato che quel bastardo fosse disposto ad arrivare a tanto pur di distruggerlo. Inutile attendere i rinforzi, col suo passato nessuno sarebbe disposto a credergli. L’unica possibilità ora è fuggire e nascondersi nei vicoli scuri della città che dorme, per trovare la soluzione a quella schifosa indagine legata al traffico di clandestini, in cui si è ritrovato invischiato due sere prima, quando è stato rinvenuto il cadavere di un infiltrato dell’ufficio immigrazione, nel rogo del ristorante cinese nella zona adiacente al porto industriale.


Mi sono approcciata a questo libro con un po’ di timore perché è la pima opera di Diego Collaveri che leggo ma, allo stesso tempo, conosco e apprezzo l’autore come persona e amico e, essendo io una lettrice estremamente difficile, di rado accetto di recensire libri per amici. Questo perché recensisco sempre con molta sincerità e mi dispiace non poter parlare bene di opere di autori che conosco. Fortunatamente non è questo il caso.

L’ODORE SALMASTRO DEI FOSSI è un giallo ben scritto, con una trama ben costruita e non banale e con un intreccio di intrighi e vicessitudini che si susseguono dall’inizio alla fine della storia.
Il commissario Mario Botteghi è il nostro protagonista ed è tramite i suoi occhi che viviamo tutta la vicenda. Mi piace molto che l’autore ci butti subito al centro dell’azione facendoci svegliare, insieme al commissario, per terra in un vialetto buio, vicino ad un cadavere e con in mano l’arma del delitto. Si parte subito con una domanda che esplode prepotente sia nella nostra che nella mente del commissario “ma che cavolo è successo????”. A questo punto la narrazione sembra riavvolgersi per ripartire pochi giorni prima, facendoci ripercorrere gli avvenimenti, sempre attraverso gli occhi del commissario, fino al fatidico omicidio.
Di questo libro ho apprezzato diverse cose, partendo dallo stile chiaro al linguaggio VERO, quello che avrei immaginato di sentire girando nei vicoli di quartieri malfamati o nella centrale di un paese italiano. Anche la brevità è stato un altro punto a favore perché le indagini sono scivolate lisce in 150 pagine e tutto mi è sembrato incastrarsi bene e non forzato.
Una cosa su cui però vorrei soffermarmi un secondo e spendere due paroline a favore dell’autore è proprio il suo stile. Mi ha decisamente catturata!
Io sono, come a volte si usa dire, una lettrice rompiscatole: c’è sempre qualcosa che non mi sta bene in un libro, devo sempre trovare la parte che si poteva scrivere meglio. Sicuramente c’è anche in questo libro ma, leggendo L’ODORE SALMASTRO DEI FOSSI, mi è successo qualcosa che di solito non mi accede: mi sono ritrovata a vedere le scene descritte dall’autore come se stessi guardando un film. Questo film era un giallo dalle tinte noir, girato prevalentemente in bianco e nero ma non sempre. In ogni scena c‘era un particolare messo in evidenza con un colore molto brillante, qualcosa che il regista voleva che lo spettatore avesse sempre sotto il naso, e regia e fotografia erano molto particolari, una sorta di SIN CITY per farvi capire. Nelle scene in cui poi il commissario camminava solitario nei vicoli, fumando la sua bella sigaretta, lo vedevo invece in sfumature di porpora – ma perché è l’autore che ad un certo punto lo descrive così e poterlo vedere è stato un flash fichissimo (passatemi il termine). E poi c’è stata la scena del bar, mentre beveva con il suo vecchio amico e collega, e lì sono riuscita anche a vederlo in viso. E niente, era Bruce Willis… diciamo una decina di anni fa :P
Che altro dire, il personaggio del commissario Botteghi mi è proprio piaciuto, è uscito fuori in modo potente e vero. Bravo Diego!
Chiudo confermando che ho apprezzato sia il libro che ho letto che il film che mi sono fatta in testa e spero che all’autore piaccia l’attore che ho scelto per interpretare Botteghi. 


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